Progetti
Maido Sushi

Child Studio disegna un sushi restaurant che ibrida atmosfere della Swinging London ed estetica orientale. Un fecondo dialogo culturale, costellato di citazioni del migliore industrial design

Da ex ufficio postale a sushi restaurant contemporaneo. Ne ha fatta molta di strada l’edificio tardo modernista del quartiere di Saint John’s Wood a Londra, a due passi dalla beatlesiana Abbey Road, grazie al lavoro del duo di designer britannici Child Studio, che hanno saccheggiato a piene mani sia le atmosfere della swinging London Anni 60 che le suggestioni dell’estetica giapponese.

Gli interni del Maido – questo il nome del locale – sono frutto di un calibratissimo mix di queste due influenze, che emergono da un lato negli accenti geometrici di dettagli come i soffitti e le cortine in vetrocemento, dall’altro in una selezione di materiali di cui il legno è assoluto protagonista.

Il dialogo tra Oriente e Occidente è particolarmente evidente negli arredi, in cui convivono mobili antichi e contemporanei: a rappresentarlo con grande forza simbolica, le iconiche poltrone in compensato curvato disegnate da Norman Cherner nel 1958 abbinate agli sgabelli in fusione di alluminio del celebre designer giapponese Naoto Fukasawa.

Alla pareti, interamente rivestite da pannelli in legno di ciliegio scuro, spiccano le applique in ottone di Stilnovo, iconico brand della migliore stagione dell’industrial design italiano, mentre gli spazi dedicati ai più intimi e raccolti tavoli tête à tête sono decorati con grandi dipinti astratti. Di Child Studio sono invece il soffitto a cassettoni sospeso dalle morbide tonalità blu e il rigoroso motivo geometrico delle pavimentazioni.

Protagonista dello spazio è il bancone centrale a isola dove vengono preparate le portate, decorato da una pannellatura riflettente in acciaio curvo e completato da un’altra icona del design italiano, la scultorea lampada da tavolo Pipistrello disegnata da Gae Aulenti nel 1965 per gli showroom Olivetti.

Una grande partizione semicircolare in vetrocemento separa la sala principale da uno spazio più raccolto e riservato, interrompendo visivamente la continuità dell’ambiente lasciando al tempo stesso filtrare la luce naturale. Una soluzione, quest’ultima, ispirata dagli spazi della vicina Saint John’s Wood Library ospitata in un edificio della stessa epoca, discreta testimonianza di un coerente dialogo filologico con il ricco patrimonio storico e architettonico del quartiere.