A Roma, la casa che l’architetto Valentina Andriulli ha disegnato per sé e per la sua famiglia riflette il desiderio di linearità e la ricerca di forme e finiture essenziali. Che non lasciano spazio alla decorazione
Vivere a Roma nel quartiere di Trastevere, in una piccola piazza al di là del fiume, è un grande privilegio. La dimensione romana spesso monumentale e celebrativa assume qui una scala più umana che mantiene una certa autenticità. Su una di queste piazzette si affaccia l’abitazione che l’architetto Valentina Andriulli ha disegnato per sé e per la sua famiglia, in un edificio che risale a fine Ottocento.
“Era la casa-studio di un’artista – racconta – che solo in tarda età aveva potuto sviluppare il suo talento per la scultura. Le pareti avevano tappezzerie di iuta sulle quali rimbalzava la calda luce romana e gli ambienti eclettici ospitavano spesso, ci è stato raccontato, artisti e attori”. Oggi la casa ha assunto una nuova identità, molto diversa dalla precedente, che riflette il desiderio di linearità e la ricerca di forme e finiture essenziali che non lasciano spazio alla decorazione.
Il progetto, realizzato in collaborazione con lo studio Leonori, ha eliminato tutto quanto era superfluo: le travi finte che erano nell’attuale living, una parete che divideva in due la cucina e un solaio che ne ricopriva una parte.
Il recupero della doppia altezza nella cucina-pranzo ha creato un ambiente centrale sul quale si affacciano le altre stanze del primo piano e quelle del piano superiore grazie a un ballatoio che lo attraversa in tutta la sua lunghezza.
É il polmone che dà respiro a tutta la casa, l’ambiente vissuto con maggiore intensità, dall’inizio della giornata quando si inizia a lavorare al computer sorseggiando il caffè, fino alla sera, quando gli amici animano l’ora di cena.
Due aperture simmetriche mettono in comunicazione living e cucina, favorendo la circolarità tra i due ambienti. In un disegno così rigoroso emergono i dettagli: la strombatura pronunciata della piccola finestra nel soggiorno, quasi una feritoia, ripresa nel disegno della bocca del camino in pietra serena e nel taglio sulla parete contro la quale si appoggia la cucina.
Gli interni hanno tonalità che variano dal bianco latte al grigio, al colore del legno e della carta di riso della lampada giapponese. A portare un contributo contrastante, sono le opere d’arte contemporanea, le uniche colorate, forti e discrete allo stesso tempo. I materiali utilizzati sono prevalentemente naturali: legno, ferro e cotto a pavimento. Quest’ultimo, prodotto dalla Fornace Brioni, ha raffinate sfumature di grigio che derivano dal trattamento subito, una sorta di “affumicatura” in fase di cottura, determinata dalla distanza o vicinanza della fiamma.
Le porte sono pannelli scorrevoli, tavole di legno senza maniglie o profili la cui bellezza si esprime per sottrazione, la stessa che ritorna sulle pareti lasciate con la leggera imperfezione dell’intonaco grezzo. Se si chiede a Valentina Andriulli quali sono i riferimenti e le fonti di ispirazione nel suo lavoro, non ha dubbi : “L’architettura belga, gli interni di Vincent Van Duysen e la raffinatezza di Axel Vervoordt”. E non è poco condividere con esempi così alti la calma contemplativa espressa da queste stanze.