Progetti
Axel Springer by OMA

Il nuovo headquarter Axel Springer progettato da OMA è una vera e propria opera-manifesto che celebra la storia di Berlino e apre formalmente il dibattito sul futuro dell’informazione nell’epoca del digitale

Nel delicato momento di transizione dalla carta stampata ai media digitali, il gruppo editoriale Axel Springer ha scelto di affiancare alla storica sede berlinese al 50 di Zimmerstrasse un innovativo edificio per uffici, concepito come simbolo e strumento di questa trasformazione. La richiesta della committenza era chiara e precisa, come ha dichiarato Mathias Döpfner, CEO di Axel Springer: “Volevamo che il nuovo headquarter non fosse solo un simbolo, ma che fosse in grado di accelerare concretamente la nostra trasformazione. Già molto prima del coronavirus la missione era quella di trovare una risposta alla domanda: perché gli uffici servono ancora nell’era digitale? Rem Koolhaas ci ha dato una risposta spettacolare. Servono spazi aperti e multifunzionali, che consentano una grande flessibilità di utilizzo. Un’architettura d’avanguardia come un magnete per gli incontri e le comunicazioni, un booster per la creatività”.

La stampa, infatti, da sempre è stata l’incarnazione economica, fisica e iper-accessibile di uno sforzo collettivo complesso. Nella redazione classica, ognuno era consapevole del lavoro e del progresso dei suoi colleghi e dell’obiettivo collettivo: un unico giornale e una data di pubblicazione. 

Nell’era digitale,  invece, il giornalista fissa intensamente uno schermo per tutta la giornata, annullando ogni altra forma di attenzione. Lo stretto rapporto tra il lavoratore e il suo computer lo astrae da ogni relazione e da qualsivoglia forma di intelligenza collettiva, isolandolo in una bolla di performance introversa e inaccessibile alla visione d’insieme.

Da qui la soluzione progettuale di OMA, ovvero la creazione di uno straordinario palcoscenico, uno scrigno vetrato che trasmette generosamente il lavoro delle persone per un’analisi condivisa e una creazione collettiva. “Paradossalmente, l’attuale pandemia e la contemporanea accelerazione digitale dimostrano la necessità di spazi concepiti per l’interazione tra gli esseri umani – spiega Rem Koolhaas – Nel tipico edificio per uffici, un visitatore entra e poi scompare… è tutt’altro che chiaro cosa succeda all’interno. Nel nuovo edificio di Axel Springer le persone e le loro interazioni sono l’essenza; è uno strumento di ulteriore sviluppo per un’azienda in continuo movimento. Offre ai suoi utenti un luogo fisico – con una grande varietà di contesti spaziali, dal più intimo alla scala monumentale – in contrasto con la staticità del lavoro nello spazio virtuale”.

E proprio sullo scambio creativo scommettono i vertiginosi ambienti interni, che ruotano tutti attorno a un grande vuoto centrale di 45 metri per undici piani di altezza, una sorta di agorà contemporanea concepita per rendere leggibile il workflow e perché i dipendenti si incontrino con naturalezza, scambiandosi idee e suggestioni.

In direzione di questa grande piazza coperta si affacciano ponti e terrazze su cui ogni giorno si avvicendano ben tremila dipendenti, occupando di volta in volta e a seconda delle necessità stanze private o open space condivisi. Per scelta di OMA oltre il 25% degli spazi è stato concepito per un uso più dinamico e informale dello spazio, e il restante 75% è invece dedicato ai tradizionali workplace. In aggiunta, una grande piattaforma panoramica – il “meeting bridge” – attraversa l’atrio per fornire viste panoramiche dell’ufficio e dei suoi flussi di operatività e idee. E accessibile al pubblico su tre diversi livelli: la hall al piano terra – che contiene studi, spazi per eventi e mostre, mense e ristoranti -, il già citato meeting bridge e il bar sul tetto dotato di un giardino pensile il cui landscape è stato firmato da Inside Outside – Petra Blaisse. 

L’architettura dichiara il suo alto tasso di innovazione anche all’esterno, presentandosi come un poliedro in vetro che rompe con il costruito circostante. Un’architettura estroversa che dialoga con la città e la sua storia, certamente consapevole del ruolo storico svolto dal giornale durante la Guerra Fredda.

Come non ricordare, infatti, che l’architettura di OMA sorge accanto alla vecchia sede della casa editrice, tra i quartieri Mette e Kreuzburg, in prossimità dei due muri che un tempo dividevano Berlino Est e Ovest e a pochi passi dal tristemente celebre Check Point Charlie. Una scelta non casuale quella di costruire la sede della casa editrice – nell’anno 1965 – proprio sul confine fra il settore americano e quello sovietico, al punto che lo stesso  Axel Springer definì l’edificio “Un grido contro il vento”. Dal tetto della Axel-Springer-Haus – un palazzo di ben 19 piani per oltre 70 metri di altezza – venivano infatti fatte scorrere le notizie su un cartellone luminoso rivolto proprio verso Berlino Est.

La DDR ovviamente non restò a guardare, e nel 1968 costruì una serie di Plattenbauten – grandi palazzi residenziali prefabbricati – di fronte alla casa editrice. Una sorta di barriera per impedire che i berlinesi dell’Est potessero leggere le notizie che scorrevano dalla Axel-Springer-Haus. Un capitolo di storia che, non caso, ruota attorno ad alcune parole: informazione, visibilità, muri e trasparenza. Proprio i temi che ritroviamo al centro del progetto di Rem Koolhaas. Un’opera-manifesto che apre il dibattito sul futuro dell’informazione, ma lo fa partendo dalla storia di Berlino, dall’indelebile memoria del muro e dal grande atrio che, simbolicamente, crea un asse verso la sede storica di Axel e l’ex “striscia della morte”. Lo fa abilmente, ricucendo due brani di città e di storia.