Trasversalità e ibridazione di funzioni sono i temi al centro delle riflessioni del libro LIVING, WORKING AND TRAVELLING, sintesi di un lavoro di ricerca che esplora le trasformazioni degli spazi del lavoro e dell’ospitalità e delinea un futuro di reciproca contaminazione
“La situazione che stiamo vivendo è destinata a finire, ma senza dubbio accelera la riflessione su temi progettuali che da tempo sono al centro del dibattito accademico e di molte esperienze sul campo. Il nostro lavoro di ricerca, e il libro che oggi ne è scaturito, ha in qualche modo anticipato i tempi, affrontando il tema dell’ibridazione tra spazi del lavoro e dell’ospitalità”. Comincia così la conversazione con Francesco Scullica, ordinario presso il Politecnico di Milano e direttore scientifico del Master in Interior Design, autore insieme a Elena Elgani, docente presso il dipartimento di design dello stesso ateneo, del volume “Living, Working and Travelling” edito da Franco Angeli. Un libro che trova il suo punto di partenza nella crescente mobilità che oggi caratterizza la nostra vita, sia fisica che virtuale, e indaga i nuovi spazi e le ibridazioni generate da questa trasformazione.

Da dove è partita la ricerca?
Ci siamo concentrati principalmente sui processi di ibridazione tra spazi dell’ospitalità – hotel e ostelli – e i nuovi spazi del lavoro, dai coworking allo smart office, focalizzandoci sul design dello spazio, ma anche sulle relazioni tra ambienti, servizi e modalità di comunicazione. Relazioni che, anche alla luce dei recenti eventi, muteranno profondamente l’identità dell’ufficio trasformandolo in un acceleratore di idee e innovazione supportato da servizi e facility.
Ha ancora senso parlare di separazione fra spazi living e working?
Decisamente no, il confine fra i due ambiti è sempre più labile.Gli uffici diventano accoglienti e domestici, si avvicinano alla casa e anche all’hotel: ospitano più servizi, più tecnologie ma anche più qualità estetica. E proprio in questa ottica gli spazi dell’ospitalità, che già dispongono di molte di queste caratteristiche, possono aprirsi a nuove funzioni diverse da quelle tradizionali, trasformandosi in ambienti di lavoro di altissima qualità abitativa, formale e funzionale.

L’ibridazione ufficio-hotel sarà trasversale?
Sicuramente, l’hotel può ispirarsi all’ambito office per offrire nuovi servizi complementari, e l’ufficio può guardare all’hotel come luogo di sperimentazione estetica, di linguaggi e materiali.
Nel libro analizzate anche alcuni casi emblematici, che stanno già applicando questo modello con esiti molto interessanti…
Tra i molti casi che abbiamo indagato troviamo la casa-hotel-ufficio Zoku, ad Amsterdam, adatta anche per lunghi soggiorni, con i servizi di un albergo e tutte le comodità di un appartamento. Mentre a Vienna lo Schani Hotel è una struttura che unisce viaggio e lavoro, dove tutto ruota attorno alle aree progettate per il coworking. Ma gli esempi emblematici nel mondo sono davvero molti, e in continua espansione.

Nel prossimo futuro questa evoluzione riguarderà anche lo spazio domestico?
L’ibridazione fra differenti ambiti tipologici sicuramente coinvolgerà anche gli spazi abitativi, sempre più spesso teatro di esperienze di home working e di lavoro a distanza. Gli attuali eventi stanno senza dubbio accelerando queste trasformazioni ponendo al centro della riflessione progettuale il tema della trasversalità degli spazi, l’ampliamento, la revisione e la riconversione delle loro funzioni. Il linguaggio progettuale sarà sempre più ibrido e trasversale, capace di interpretare nuove modalità di vita e di lavoro, di viaggio e di comunicazione a distanza”.

La dimensione “mobile” che riguarda molte attività professionali, in particolare di “smart working”, supera il concetto tradizionale di ufficio, come spazio dove trascorrere la maggior parte del tempo di lavoro e si apre verso un sistema versatile di spazi-servizi che favorisce il senso di comunità, l’uso di nuove tecnologie e l’integrazione di nuove attività precedentemente dislocate in altri spazi.