Una manciata di edifici in pietra abbarbicati al fianco montuoso, in Valtellina. È qui che l’architetto Alfredo Vanotti ha disegnato il suo rifugio: sopra la casa e sotto lo studio di progettazione
Piateda, piccolo paese di pochi abitanti alle porte di Sondrio, in Valtellina. Il centro più nuovo a fondo valle insieme a una manciata di case abbarbicate qua e là al fianco montuoso: “Quello che rimane dei nuclei storici di un tempo ora all’abbandono”, spiega Alfredo Vanotti, giovane architetto valtellinese doc. “Agglomerati di diversi corpi in pietra comprensivi di abitazione, ricovero per gli animali, ambienti di stoccaggio e fienile. Praticamente la base di partenza per gli alpeggi”. La vecchia stalla del bisnonno Giovanni apparteneva a uno di questi, racconta.
Ora è diventata il suo rifugio personale: sopra la casa, sotto lo studio di progettazione. Dove ogni giorno si dedica ai suoi lavori disegnando personalmente tutto il possibile, con cura maniacale. Comodo e defilato quanto basta, giusto qualche curva fuori dalle rotte battute, proprio sopra la Centrale Venina, elegante esempio di liberty industriale Anni 20 per la produzione di energia realizzato dalla società Falck . “Qui l’ispirazione arriva dalla natura e dal paesaggio circostante, e la visione delle Alpi Retiche offre ottimi spunti”, confida il progettista. Si tratta di una costruzione primitiva: funzionale e molto basica, perfettamente integrata nell’ambiente. “È quello che si definisce un classico senza tempo, adatto a essere interpretato”.
Con tutto il fascino delle case vissute con una storia da raccontare. “Fondamentale rispettare il genius loci, senza compromessi”. Anche se abbandonato da più di trent’anni, fortunatamente il fabbricato dai muri possenti e ruvidi in pietra grigia non aveva problemi dal punto di vista strutturale. Il tetto invece era da sistemare. “Sono riuscito a salvare travi e travetti di legno della struttura portante mentre per l’assito mi è toccato un meticoloso intervento di recupero delle tavole originarie. A cui poi ho aggiunto lo strato di isolamento prima di riapplicare la copertura in lamiera ondulata arrugginita”.
Le aperture restano le stesse, con i serramenti montati all’interno per dare profondità alle facciate e i doppi vetri “perché qui in inverno il freddo si fa sentire”. E dove serve l’oscuramento c’è un sistema di lamelle in legno di abete orientabili manualmente. L’architetto ha ricostruito i portoni come quelli dei rustici d’antan e progettato e realizzato il grande scorrevole su carrucole che separa la zona giorno dalla stanza privata. Tutto in legno carbonizzato, quasi nero. Accostato ai toni del grigio della pietra originale, scoperta sotto l’intonaco delle pareti, e al cemento per sottofondi del pavimento, versione attuale del suolo delle case contadine del passato.
La piccola abitazione, 60 metri quadrati in tutto, si compone semplicemente di due locali: soggiorno e cucina insieme, e una camera da letto con annesso bagno ricavato in una scatola di vetro in dissolvenza, “per dilatare lo spazio alquanto ridotto”, spiega. Negli interni si gioca con i toni caldi e i chiaroscuri, ricalcando l’effetto dei vecchi locali con i muri anneriti dal fumo della legna. Solo che qui il focolare di casa è un moderno camino in lamiera brunita in mezzo al locale giorno, tra l’angolo relax e la zona pranzo. A cui si aggiunge il riscaldamento a pavimento perché, nonostante tutto, il comfort è di quelli di oggi. Il progetto è minimal. Radi gli elementi di arredo.
Qualche pezzo di design storico mixato a oggetti ultra attuali. Le luci dell’imprescindibile maestro Achille Castiglioni, uno dei preferiti da Vanotti, Gaetano Pesce con la storica Michetta e Franco Albini. A fianco le giovani Confalonieri e Salmistraro, alcuni mobili di recupero e il resto progettato da lui e realizzato da maestranze locali e dai suoi artigiani di fiducia. Con la massima cura, proprio come una volta.