Tante cupole colorate e autocostruite nell’isola di Hormuz, a sud dell’Iran. È il sorprendente Majara Residence progettato da ZAV Architects per sviluppare il turismo e aprire nuove prospettive per la comunità locale
L’architettura è uno strumento politico in grado di trasformare la vita di una collettività. È il presupposto di “Presence in Hormuz”, serie di interventi urbani promossi sull’isola di Hormuz, a sud dell’Iran, da un’istituzione semi-pubblica che ne ha commissionato la progettazione a ZAV Architects: obiettivo, aprire nuove prospettive per la comunità locale.

Uno di questi insediamenti, premiato con il Golden Award al Taipei International Design Award 2020, è il Majara Residence – “majara” come avventura -, un villaggio di cupole multicolor con alloggi per turisti e aree comuni adibite a bar, ristorante, negozi di souvenir e anche a una spa.

Ma perché a Hormuz? Innanzitutto perché con i suoi panorami sorprendenti, quasi marziani, quest’isola semi-sconosciuta di 42 chilometri quadrati è perfetta per diventare una meta turistica. Non a caso la chiamano Rainbow Island, questo perché l’elevata concentrazione di ossido di ferro nel terreno gli conferisce una tinta rosso rubino che, quando si mescola con altre tonalità del paesaggio, in alcuni punti colorando persino l’acqua del mare, provoca un suggestivo effetto arcobaleno.

Ma c’è anche una motivazione sociale: siamo in uno stretto strategico per la spedizione di petrolio dal Medio Oriente, dove gli abitanti sono spesso coinvolti in attività di traffico illegale. Quindi l’idea è di contrastare il fenomeno creando opportunità di lavoro.

È così che è nato il Majara Residence, progetto che da un punto di vista estetico mette al centro la forma della cupola, elemento principe dell’architettura islamica che ZAV Architects aveva già celebrato con il Rong Cultural Centre inaugurato sempre a Hormuz nel 2019.

Se là le cupole erano due, color sabbia e collegate da una gradinata, qui sono circa duecento e con le loro diverse misure, sagome – alcune più a punta, altre più a bulbo, molte interconnesse – e tonalità – rosso, giallo, blu, verde – compongono un agglomerato di casette che pare uscito da un cartoon o da un fantasy (avete presente Teletubbies, I Puffi o Lo Hobbit?).

“Spesso la risposta dell’architettura alla progettazione di alloggi in riva al mare è un’alta struttura sopraelevata affacciata sul paesaggio circostante“, è il commento di ZAV Architects. “La nostra alternativa consiste in una moltitudine di unità spaziali piccole intrecciate in un tessuto fluido simile a quello di un vicinato”.

Si è, dunque, ridotto l’impatto ambientale, ma non solo: optando per la costruzione partecipata portata avanti da manodopera locale, lo studio di Teheran ha anche limitato i costi e offerto occasioni di guadagno agli abitanti di Hormuz. Che è poi il motivo per cui si è scelto di costruire tutte le cupole in terra con la tecnica Superadobeideata dall’architetto iraniano Nader Khalili, un metodo di costruzione a bassa tecnologia che rende possibile il contributo di lavoratori non qualificati, se formati ad hoc.

L’aggiunta del colore ha fatto il resto, e non solo all’esterno: nelle case-vacanza muri, pavimenti, soffitti e molti mobili sono colorati, perché, come spiega ZAV Architects, “a Hormuz il colore, oltre a far parte del paesaggio, è un importante mezzo di espressione della popolazione, che lo usa anche per vestiti e arredi”.

Ed è interessante notare come in questo universo multicromatico dominato da linee curve, arrotondate e archi dal carattere etereo, se non mistico, le varie nuance siano state utilizzate per contraddistinguere gli ambienti con le loro relative funzioni – salotto, camera da letto, bagno -, laddove è la soglia tra una tonalità e l’altra a dividere gli spazi in luogo di pareti e porte.
