Multidisciplinarietà e sintesi di competenze. È questo l’identikit dell’Office Strategist, figura professionale di raccordo fra committenza e progettazione, ma anche interprete di una nuova concezione dello spazio ufficio come veicolo di immagine, valori, identità. Ne parliamo con Ottavia Pelloni dello studio Il Prisma
L’office design è una disciplina complessa cui concorrono aspetti funzionali, formali e distributivi, ma anche legati alla sfera emozionale e alla comunicazione in quanto veicolo della brand identity. In questa ottica lo spazio fisico dell’ufficio deve essere in grado di trasmettere i valori e la visione dell’azienda, saper creare engagement e condivisione di obiettivi, costruire e valorizzare il legame identitario che unisce le persone, la società e l’ambiente. La parola chiave di questa complessa sinergia di obiettivi è multidisciplinarietà.

Le competenze chiamate in causa non si limitano infatti alla sfera del design e della progettazione ma coinvolgono anche nuove expertise che spaziano dal management al brand consulting, dal marketing alla consumer behaviour. Serve quindi una figura di sintesi, in grado di interpretare le esigenze e le aspettative delle aziende e finalizzandole al progetto di design. Oggi questa figura esiste ed è l’Office Strategist, professionista dalle competenze trasversali che spaziano dall’architettura al design, dalla psicologia al marketing. Ed è proprio questo l’identikit di Ottavia Pelloni dello studio milanese Il Prisma. Laureata in management alla Bocconi, una carriera internazionale nel brand consulting, una formazione in interior design allo IED, Ottavia Pelloni e la business unit Worksphere di Il Prisma applicano il pensiero strategico e le competenze di management e branding nella progettazione di luoghi di lavoro innovativi. Il nostro incontro ci ha offerto una prospettiva su un profilo professionale ben radicato a livello internazionale e che nel nostro paese, complice una sempre più rapida evoluzione del concetto di spazio ufficio, ha oggi ampi orizzonti di espansione.

Cambia lo spazio ufficio, cambiano le esigenze connesse e se ne aggiungono di nuove: qual è il contributo di Il Prisma alla trasformazione in atto?
Seguiamo le evoluzioni del settore per anticiparne le dinamiche future e immaginare e concretizzare ambienti che siano sempre più adatti alle nuove esigenze. Stabiliamo connessioni strategiche fra progetti e obiettivi per potenziare l’identità aziendale e condensarli in spazi adatti ai vari team, ai collaboratori ma anche a fornitori, partner e ospiti. La nostra business unit è formata da figure che provengono da diverse professionalità e questo aiuta a capire meglio come lavora l’azienda che si rivolge a noi, la sua mission, la sua visione e le sue esigenze. Noi interveniamo soprattutto nella fase iniziale, quella di definizione delle esigenze del brand.
Esigenze che spesso sono inespresse, nascoste dietro una sorta di “lista della spesa” che snocciola quante sedie, quanti tavoli, quanti punti luce e così via. Noi iniziamo con il dire che lo spazio lavoro non è una situazione fissa e immutabile, ma al contrario attiva per sua natura diversi comportamenti e modalità di relazione. Su questa base si passa alla fase operativa, quella da cui scaturisce concretamente il progetto dello spazio. Ci viene chiesto molto spesso di intervenire per facilitare la comunicazione interna dell’azienda e delle sue varie ramificazioni, come anche di implementare e trasferire negli spazi nuovi modelli e flussi collaborativi, in cui i cluster di postazioni non siano chiusi in sé stessi ma in continua relazione reciproca. Da qui l’importanza di ambienti aperti agli incontri, non solo di lavoro ma anche ‘casuali’, come una sala break.

Il Prisma era presente ad All Around Work, la manifestazione che ha fatto il punto sull’evoluzione del mondo office. Emergeva, da quel contesto, la necessità di ampliare le proposte, le tecnologie, i prodotti destinati ai workspace…
Sicuramente stiamo assistendo al consolidamento di un trend che ha come protagonista la smaterializzazione del legame tra lavoro e spazio fisico dell’ufficio tradizionale a favore della sua distribuzione in contesti che vanno dall’abitazione agli spazi di coworking. È un momento certamente particolare, emergenziale, e l’accelerazione di alcune dinamiche va letta anche in questa luce, ma è sicuramente un trend che si va consolidando e che continuerà ancora. In questa cornice, la nostra business unit Worksphere sviluppa spazi di lavoro dove le persone possono lavorare in condizioni psicologiche ed emotive ottimali, capaci di creare brand engagement, in un contesto sempre più ibrido dove presenza fisica e digitale si compenetrano.

Parli di contesti ibridi, un concetto che trovo ancora difficilmente applicabile in molte aziende. Trovi che la situazione stia effettivamente cambiando?
I paradigmi classici della progettazione degli spazi ufficio stanno vivendo una profonda trasformazione. Prima si progettava lo spazio fisico, l’ufficio, e poi al suo interno si implementava la parte digitale. Ora tutto questo va profondamente ripensato. Basti pensare alla gestione delle riunioni miste, con una quota di persone presenti in azienda e un’altra connessa da remoto. È una situazione che spesso si rivela difficile da gestire. Il successo di una riunione in modalità mista dipende in parte dal layout degli spazi, e il vecchio concetto di ufficio non aiuta di certo: la sala è quella classica, un grande tavolo circondato da sedie, uno schermo, un microfono direzionale. L’abitudine a questo tipo di meeting non è ancora radicata, le persone collegate in remoto spesso vengono come dimenticate, sono una presenza lontana, e il microfono direzionale le taglia fuori dal vivo della discussione. Dobbiamo invece introdurre e insegnare nuove modalità. Gli strumenti già esistono, ad esempio un microfono ambientale in grado di includere tutti i partecipanti, grandi schermi ad arco che offrono maggiore compartecipazione, anche visiva, e sale riunioni dove tutti possono guardare comodamente lo schermo.

Spazi dove anche l’estetica ha un ruolo fondamentale…
Certo, il tema estetico è importante quanto la funzionalità degli spazi, l’ergonomia dei prodotti, l’illuminazione. Sono legati, strettamente interconnessi fra loro, e noi lavoriamo sull’intera filiera di questi aspetti come componenti della progettazione. L’obiettivo è quello di offrire un’esperienza funzionale ed emozionale, che sappia coinvolgere tutti e impronti tutti gli spazi di lavoro. È fondamentale saper intervenire sui colori, sulla luce, sulla tattilità dei materiali. Stiamo anche assistendo a una crescente diffusione di materiali intrinsecamente salubri come il rame, l’ottone, l’acciaio, facili da pulire e igienizzare. Ricordiamoci che un buon ambiente di lavoro trasmette emozioni e piacevoli sorprese. E il tema dell’esperienza diventerà sempre più centrale nell’organizzazione del lavoro.

Lavoro di prossimità, lavoro diffuso, smart e home working stanno mettendo in secondo piano il ruolo dell’ufficio?
Trovo sia ancora molto importante che un’azienda abbia un suo centro di gravità identitario, un luogo che sappia raccontare e trasferire l’immagine del brand e i valori aziendali. L’ufficio diventerà sempre più un luogo di condivisione, di training e coaching, dove si lavorerà in team hub e non dai singoli desk. E anche il manager uscirà dal suo ufficio d’angolo, con vista meravigliosa, per entrare in questa dinamica di condivisione.