Aspettando l’inaugurazione dell’edizione 2021, la nostra intervista a Wava Carpenter, nuova direttrice curatoriale di Design Miami
La Black Artist + Designer Guild – un gruppo di artisti indipendenti che si batte per una maggiore rappresentanza della comunità black nel mondo del design – si è aggiudicata l’allestimento della Collectors Lounge, storicamente uno degli spazi più hot dell’evento più atteso di Miami.
La volontà di inclusione è il tema propellente dell’edizione di Design Miami 2021, un tema rafforzato dal titolo stesso, Human Kind, cioè “genere umano”, un titolo “militante” che guarda a un’esperienza quanto più eterogenea e multiculturale del design, che è anche la sfida su cui si misurerà il team curatoriale guidato per la prima volta dalla giovane Wava Carpenters, autrice e curatrice specializzata in design contemporaneo, che per anni ha lavorato nel backstage della macchina delle idee di Design Miami.

Insieme a lei percorriamo un viaggio tra i valori e contenuti che ispirano la fiera, che quest’anno invita a un cambio di marcia radicale, a riorentarci drasticamente nel modo in cui interagiamo tra di noi e con il resto del mondo.
“Human Kind” è il tema di Design Miami 2021, quello con cui la fiera torna al Pride Park di South Beach, esponendo il lavoro di oltre 40 gallerie. Cosa racchiude il nome della fiera?

Il design, per definizione, ha sempre mirato a creare un futuro migliore ma, negli ultimi anni, con le sfide globali come quella del clima, questo obiettivo è diventato sempre più cruciale, complesso, di proporzioni esistenziali. Il futuro che i designer immaginano richiede sempre più un riorientamento del significato di “essere umani” in questo mondo, invitando tutti noi a diventare migliori amministratori della natura e del prossimo.
Un modo cruciale in cui il design e la professione del design possono costruire un futuro più equo è ascoltare consapevolmente e con attenzione una diversità di voci. La storia del design è costellata di momenti in cui un progetto è stato imposto a persone al di fuori delle loro comunità, e le soluzioni offerte non si sono adattate ai bisogni del gruppo. Da troppo tempo vi sono barriere sistematiche, spesso razziali, per accedere alla nostra discipina di designer e una rappresentanza maggiore è attesa e desiderata da tempo.
Puoi fare un esempio?
Un altro modo di guardare al tema è questo: per decenni i designer hanno lavorato per creare oggetti, spazi e infrastrutture senza pensare agli effetti a lungo termine e alle conseguenze indesiderate. Basti pensare a tutta la plastica che intasa l’oceano e i corsi d’acqua di tutto il mondo. Paradossalemente quelli che soffrono di più le conseguenze sono quelli che hanno meno risorse e che hanno avuto meno responsabilità nel creare il problema.
Questo è il tuo primo anno da direttrice artistica della fiera. Cambierà qualcosa nell’approccio curatoriale?
Ci stiamo concentrando molto sul portare nuove voci, incoraggiando le aziende con cui collaboriamo e i nostri sponsor (ndr Fendi, Perrier Jouet, Panerai, ecc.) a manifestare una maggiore etica aziendale e responsabilità sociale, e poi anche impegnandoci di più con la nostre comunità locali.
Cosa rappresenta il 2021 nell’evoluzione della fiera?
Design Miami è in un momento di rapida espansione. Abbiamo inaugurato il nostro primo grande evento in Cina, e guardiamo con eccitazione al debutto della fiera nel Middle East, a Doha, l’anno prossimo. Abbiamo grandi iniziative tecnologiche in cantiere, compresa una nuova app. E stiamo usando la nostra piattaforma per ampliare la conversazione sul design e raccogliere fondi per buone cause.
Quando abbiamo parlato la prima volta, ricordo che hai citato il “postumanesimo” come tema d’ispirazione per la fiera. È ancora un tema attivo nella mostra?
L’etica post-umana è nata decenni fa, stimolata da profondi progressi tecnologici in divenire (come l’intelligenza artificiale), così come dalla consapevolezza che la nostra specie è minacciata da una devastazione ambientale catastrofica che abbiamo contribuito a creare. Il postumanesimo cerca di livellare le gerarchie tradizionali e distruttive, quelle che rendono gli esseri umani dominanti rispetto alla natura, con lo scopo di garantire e garantirci, e “disegnare” un futuro migliore.
Negli ultimi anni, in mezzo a richieste sempre più pressanti di giustizia sociale, gli approcci “postumani” si sono evoluti fino ad abbracciare il livellamento delle gerarchie tradizionali anche tra gli esseri umani, riconoscendo e dando voce e prospettive alle persone a cui è stato a lungo negato l’accesso a una serie di diritti e privilegi.
L’obiettivo postumano, ora, è quello di vedere il mondo come una rete multidimensionale di esseri intrecciati con altri esseri, e di prendersi cura di tutti così come ci prendiamo cura di noi stessi.
Un modo più familiare di articolare il nuovo postumanesimo può essere semplicemente quello di evocare le antiche nozioni di empatia, compassione e collaborazione come un promettente percorso verso una trasformazione che includa le comunità BIPOC e LGBTQ, le nazioni in via di sviluppo, le donne, i disabili, le creature grandi e piccole e il pianeta nel suo insieme. Queste sono le idee che hanno informato il tema Human Kind.
Qual è stato il tuo primo approccio al design, perchè hai scelto il design come percorso di vita?
Per caso, anni fa, sono stata assunta come assistente di un developer che stava ristrutturando due hotel Art Déco a Miami Beach, un’esperienza che mi ha messo in stretto contatto con interior designer, architetti e conservatori. Mi sono innamorata del design e ho continuato a studiare la storia del design alla scuola di specializzazione. Mi diverte vedere come gli oggetti di design esprimano così tanto, raccontino storie ricche e uniche sul mondo in cui sono stati fatti e sui gusti e gli stili di vita di coloro che li consumano.
Hai un pezzo di design che è particolarmente significativo per te?
In realtà sono ossessionata dalle piante. La mia amica Anna Carnick, socia di Anava Projects, mi ha regalato una fioriera disegnata da Dossofiorito. Oltre ai vasi in ceramica, l’oggetto è dotato di piccoli specchi che riflettono diverse viste della pianta da diverse angolazioni. È così semplice ma così bello. Porta un po’ di magia nella mia vita quotidiana.