JamesPlumb destruttura gli spazi di un magazzino per ricavarne la sede di PSLab, specializzata in soluzioni luce site-specific in bilico tra arte e design. Un atelier dove piante in vaso e viti frondose scendono dal soffitto e incorniciano ambienti comunicanti
Il punto di partenza era un’ex conceria all’interno di un edificio tardo vittoriano a Bermondsey, nel sud-est di Londra. Lo studio inglese JamesPlumb ne ha destrutturato gli spazi per ricavarne la sede britannica di PSLab, azienda di Beirut specializzata in soluzioni site-specific per l’illuminazione in bilico tra arte e design.

Muri di mattoni a vista, colonne in acciaio e una serie di fosse sommerse: questo è ciò che si è conservato del vecchio magazzino, patrimonio industriale ridotto al suo guscio originale per essere trasformato in un ufficio-showroom difficilmente riconoscibile come tale perché disegnato mettendo al centro i concetti di ospitalità e multifunzionalità.

Una volta varcato l’ingresso, l’impressione è di ritrovarsi in una casa-atelier dove ogni angolo sprigiona un’atmosfera quasi domestica aprendosi a un utilizzo fluido e personale: qui piante in vaso e viti frondose che scendono dal soffitto incorniciano ambienti comunicanti.

“Volevamo dare vita a uno spazio dove esplorare luci e ombre, una tela bianca pensata per proiettare, esaminare, toccare e sentire”, ha spiegato Hannah Plumb, a capo di JamesPlumb dal 2004 con il socio James Russel.
Obiettivo conseguito, da un lato, progettando cavalletti e tralicci su misura che consentono al team di PSLab di mostrare teatralmente lo spettro di possibilità ed effetti ottici garantito dalle loro lampade e attrezzature.

Dall’altro, riempiendo di cemento le fosse – un tempo usate per tingere le pelli degli animali – per ottenere piedistalli e volumi di varie misure da sfruttare come zone di lavoro informali e versatili, quindi pronte a cambiare destinazione d’uso in ogni momento.
Se dal punto di vista architettonico l’ispirazione è arrivata dalle strutture monolitiche descritte nel libro “Bunker Archaeology” del filosofo e urbanista francese Paul Virilio, sotto un profilo più concettuale ci si è affidati all’idea che, lungi dall’essere vincolata a una funzione particolare, ogni superficie dovesse essere libera di essere trattata secondo necessità.

Ecco, allora, il pavimento che diviene panchina, i plinti che si tramutano in tavoli, i gradini in sedute modello auditorium, il tutto in uno spazio completo di corner cucina, sala da pranzo e cortile.
Un progetto dal “brutalismo silenzioso”, reso invitante anche mettendo intenzionalmente in luce imperfezioni e disallineamenti del cemento, materiale principe dell’open space che perde così in durezza e densità per farsi più morbido alla vista.

A questo effetto contribuiscono la presenza di inserti in legno e la luce naturale proveniente da grandi finestre con riquadri geometrici all’inglese.