Guardare al di là del singolo oggetto, progettare un percorso virtuoso con l’azienda, disegnare scenari che coinvolgano anche la distribuzione. Il ruolo del designer assume un’importanza strategica e non solo di puro godimento estetico. Ne parliamo con Davide Vercelli

Laureato in ingegneria al Politecnico di Torino Davide Vercelli si occupa di sviluppo prodotto, strategie di crescita, di comunicazione e di reti, con un approccio multidisciplinare che prevede anche incursioni in ambito artistico, culturale ed editoriale. Art Director di Fima Carlo Frattini, ha collaborato, fra gli altri, con Scarabeo, Antoniolupi, Julia Marmi, Liberostile, Hom, Deltacalor, Matrix4design. Una storia e un’esperienza trasversale ampia e articolata, a ogni livello, che ci ha spinto a coinvolgerlo nel nostro progetto editoriale, al punto che fin da questo primo numero Davide è editor-at-large di Around Water.

Davide, sei l’editor-at-large di questa rivista. Cosa ti aspetti da Around Water?
Mi aspetto tantissimo. La capacità di essere trasversale, di proporre e sviluppare contributi provenienti dalle tante relazioni intessute dalle riviste del gruppo Contract Network. Mi aspetto una grafica coerente al contenuto, che sia un contenitore proattivo, che sappia tracciare le indicazioni provenienti dai settori di riferimento. Che riesca a rapportarsi con il mondo dell’architettura, del contract, come un monolito che fissi sulla carta tendenze e proposte.
Definisci il termine designer
È un lavoro che richiede egocentrismo e ottimismo, collegato a bellezza ed empatia. Abbiamo l’ambizione di migliorare oggetti o servizi che progettiamo e siamo convinti sia possibile farlo, e farlo bene. Una professione complessa da svolgere e inquadrare, lo dico da designer e ingegnere. Parto dalla mia formazione, vista lontana dalla creatività intesa in senso lato. Ma è per me fondamentale essere partito da quel background tecnico, indagare il comportamento dei materiali e lo studio di sistemi complessi mi fornisce strumenti di indagine della realtà e un metodo che spesso mi permette di arrivare a soluzioni sottili e innovative. Non sono mai stato un designer prolisso, profondo nei progetti grande energia e cerco di apportare soluzioni innovative. Ciò limita necessariamente la possibilità di lavorare su più fronti. Infine, è un lavoro che mi permette di sconfinare in altri ambiti, come quello artistico, che mi interessa e coinvolge molto. Importante è essere creativi dentro.

Non trovi che l’offerta superi la domanda?
Siamo assediati dagli stimoli, dunque per me se c’è qualcosa da immaginare e proporre è perché vi sono aspetti che realmente dicono qualcosa, dalla materia alla funzione, dalla fruizione all’ambiente, non mi interessano esercizi solo accademici. Tanto più nell’ambiente bagno, dove siamo in presenza dell’elemento acqua e delle sue implicazioni tecnologiche e di gestione. A dicembre l’acqua è stata quotata a Wall Street, notizia che ha risvolti preoccupanti, che pone in rilievo il ruolo che ha avuto e che avrà nelle politiche di ogni paese.
Il designer e l’azienda. Storia di un rapporto.
Funziono bene quando riesco a entrare a fondo nelle dinamiche delle aziende con cui lavoro. Mi interessa assolvere a un ruolo di consulenza di ampio respiro. Credo che la figura del designer abbia un peso sociale strategico, con implicazioni che impattano sulla vita di persone e aziende, mi è capitato di creare percorsi di crescita che hanno portato aziende da dieci a cento dipendenti. Un art director deve tenere conto e intervenire su modalità produttive, tecnologie e processi industriali dell’azienda, imponendo scelte impegnative dal punto di vista tecnologico, produttivo e ambientale, come la scelta di impianti di trattamento galvanico a basso impatto e a ciclo chiuso, o la diminuzione dei componenti delle distinte base. Deve costruire con la proprietà un percorso virtuoso, perché è facile mettere dei pannelli solari sul tetto, è più difficile gestire un magazzino in modo coerente, occuparsi di advertising, marketing, logistica, distribuzione. Un impegno a 360 gradi, che richiede la capacità di immaginare un futuro a lunghissima scadenza.

Il mercato. Oggi e domani
Le aziende che seguo sono cresciute, affrontando in modo proattivo un mercato che sta rivoluzionando molte professioni, come quelle poste ai vari livelli della piramide distributiva, dove ognuno degli attori dovrà riaggiornarsi totalmente e con grande velocità. L’orizzonte è però mobile, entro la fine dell’anno potrebbero cambiare radicalmente gli scenari. Si pensi a modalità acquisite come fiere, viaggi, portare clienti e architetti in azienda. Le fiere offrivano due possibilità: da una parte informazione e novità, dall’altra, socialità, rapporti personali e professionali saldati spesso in un unicum. Occorrerà ripensare queste modalità con strumenti atti a rimpiazzarle in modo temporaneo o stabile. Da questi assunti è nato lo scorso giugno Kbwindow, un portale in cui ho coinvolto professionisti e giornalisti attorno a un progetto di informazione e formazione. Kbwindow sta crescendo e l’ambizione di farlo divenire cardine tra la produzione e la distribuzione è ora realtà.
Anche Fima si è dotata di nuovi strumenti?
Abbiamo riqualificato un’area del magazzino trasformandola in uno spazio allestito per ospitare presentazioni virtuali – e reali in futuro – dedicate ai nuovi prodotti. Per presentare in modo innovativo e coinvolgente le novità è stata creata una nuova struttura, con tecnologie di ripresa e presentazione che tengono conto di una nuova realtà. La disponibilità degli spazi e delle tecnologie di cui l’azienda si è dotata permette di fornire alla forza vendita strumenti innovativi con una rapidità e una qualità di approfondimento impensabili sino a un anno fa. La capacità di presagire i mutamenti e di reagire di conseguenza è diventata lo strumento fondamentale.
Un’azienda che corre…
Fima, naturalmente. La mancanza di ISH e del Salone del Mobile è stata vista come opportunità per investire nello sviluppo di nuovi prodotti e modalità di relazionarsi con il proprio pubblico. E poi Antoniolupi. Nell’ultimo anno ha radicalmente reimpostato il prodotto e la sua comunicazione. Solitamente è il percorso di un’azienda che ha necessità di riposizionarsi, nel caso di Antoniolupi non è così. Si tratta di una strategia che ha messo in gioco materiali e forme diverse, allargato il perimetro di offerta, spostato i confini del bagno, dando il segno della profondità del brand.

Fra i tuoi progetti, il più significativo?
L’ultimo nato è quello cui si dà maggiore affetto. Per cui Switch di Fima, un sistema doccia che prende le mosse dalle modalità fruitive di un impianto elettrico trasponendone le peculiarità in ambito idraulico. Una serie di interruttori che aprono l’acqua, già modulata in temperatura e portata dal cuore del sistema, uno in corrispondenza di ogni utenza, proprio come un interruttore che accende e spegne la luce, con la semplice pressione di un tasto. Un’idea tanto semplice quanto non ancora percorsa. Grande attenzione è stata posta alla miniaturizzazione dei corpi incasso e delle conseguenti interfaccia utente. Probabilmente i più piccoli del mercato. E poi Gravità, disegnato per Antoniolupi, un piccolo oggetto a muro in legno di rovere per appendere asciugamani, panni, vestiti. Una piccola scultura domestica costituita da due elementi, uno fisso e l’altro in movimento, in un moto di rotazione che lo porta ad appoggiarsi a quello fisso. La gravità sfrutta il peso dell’elemento mobile per bloccare il tessuto e svolgere così la sua funzione. Un po’ gioco, un po’ magia.

La distribuzione è pronta?
Discorso complesso. In altri settori è più facile, pensiamo all’abbigliamento, un vestito lo provi, vedi come sta, lo cambi. Un wc, un rubinetto, un radiatore come farli percepire fisicamente? In ADI vi era un dipartimento dedito a indagare se e come il design possa migliorare le dinamiche distributive, immaginando nuove possibilità. Perché ad esempio non presentare un wc in un museo, offrendo al cliente un biglietto che permette di visitarlo e, naturalmente, di far conoscere fisicamente il prodotto? Occorre pensare lateralmente, con approcci dinamici, smart, miscelare i generi come in altri contesti (pensiamo al food, alla cultura). Una delle finalità di Kbwindow è quella di stimolare la crescita della cultura della distribuzione. Abbiamo organizzato con Veronica Verona e la sua struttura – l’Accademia dello Showroom – una serie di corsi on line indagando problematiche e soluzioni, offrendo agli architetti, agli showroom, ai rivenditori formazione gratuita sulla customer experience, e sulle strategie di posizionamento del proprio punto vendita. I margini di manovra della distribuzione sono elevati, si può agire tanto e bene.
Tu e Cersaie. Un lungo cammino, insieme.
Sette edizioni e una grande esperienza umana e professionale. Abbiamo ideato un nuovo format, un modo inedito di essere una fiera nella fiera. Una modalità premiata da una Menzione Speciale all’ultimo Compasso d’Oro, e da un grande successo di pubblico. Durante le edizioni abbiamo mediamente ospitato trenta aziende e oltre 8000 visitatori di cui il 35 per cento professionisti, progettisti e general contractor. Siamo riusciti a creare una nuova modalità espositiva, coinvolgendo le aziende, cambiando il paradigma espositivo, contestualizzando l’oggetto: non più il singolo prodotto ma una vera e propria ambientazione. E l’aspetto conviviale, di socialità, ha certamente contribuito al successo di queste mostre.