Protagonisti
Rene Gonzalez

Il tropicalismo di Miami si manifesta in tante e magiche varianti. Quella di Rene Gonzalez – architetto cubano cresciuto tra Los Angeles e la Florida del sud – offre una solarità attraversata da note meditative. Merito, forse, dell’influsso culturale di Carlo Scarpa, uno dei suoi maestri spirituali, insieme a Mark Hampton e Richard Meier.

Nel suo studio all’interno di un ex hangar per idrovolanti nel quartiere di Little Havana, Gonzalez disegna veri e propri mondi per i suoi clienti, architetture che sposano l’oceano, la spiaggia, le foreste di mangrovie. E che strizzano l’occhio all’edonismo esuberante della città. I progetti di Gonzales, sia nel residenziale che nel contract, hanno storie da narrare, offrono continuamente soluzioni per svelare un luogo o una condizione, che sia attraverso gli snodi formali o la selezione accurata dei materiali. Scelto per realizzare il centro culturale di Casa Cuba a Miami, Gonzalez ci racconta il suo senso dell’architettura, l’urgenza di collegare gli interni al contesto, sia che si tratti di progetti residenziali come la Louver House e il Glass Condo, sia quelli per il retail come i negozi della catena Alchemist a South Beach.

Quali sono i tratti comuni del suo fare architettura, sia nei progetti residenziali che contract?

Una costante dei miei progetti è l’idea di amalgamare gli spazi interior con gli esterni per creare un legame con il sito del progetto. Penso che l’architettura debba riflettere o amplificare le qualità del luogo che la ospita. Nell’Icon Residence, un condominio a South Beach, abbiamo rivestito il soffitto con uno strato di latex satinato e abbiamo creato delle pareti interne con imposte movibili e inserti a specchio. Il risultato è un gioco di riflessi che porta all’interno delle abitazioni l’ambiente della baia esterna. Un altro progetto esemplificativo è il St. Regis, un appartamento a Bal Harbour, il motivo principale della casa è un muro a fisarmonica realizzato in plaster con inserti in vetro zigrinato che ammorbidiscono ed esaltano la qualità della luce proveniente dall’esterno. Lo stesso approccio ha informato Alchemist, un negozio open-air posto in cima a un garage multipiano. Tramite un sistema di specchi angolari abbiamo ottenuto un effetto cinetico e interattivo con la città, incorporando all’interno dello store i riflessi del cielo ma anche i movimenti del traffico e delle persone sul piano strada.

Ha progettato case private che sono state molto apprezzate dalla stampa. La sua visione di “fare casa” è molto caratterizzante, quasi unica. Che elementi ha portato dai suoi progetti di case private a quelli retail e contract?

Guardando i miei lavori, si, ci sono continui rimandi tra le soluzioni adottate nelle abitazioni private e nel contract. Questo perchè cerchiamo sempre di dare un’espressione architettonica e spaziale alle particolari condizioni culturali dell’ambiente esterno. Ad esempio nel Prairie Avenue Residence abbiamo immaginato una struttura a palafitta, avendo come referimento culturale la comunità di Stiltsville, un piccolo villaggio di case su palafitte di legno nella Biscayne Bay, chiaramente aggiornandone i materiali e cercando uno stile contemporaneo e seducente. Nello stesso tempo, anche per il progetto di ampliamento dello Standard Hotel, abbiamo creato un design “sospeso”, innalzato su piedistalli portanti. Ciò risponde soprattutto all’esigenza di rendere la struttura più resiliente agli uragani e agli allagamenti che sono molto frequenti in Florida. Una condizione che sta sicuramente cambiando il modo di fare architettura e che stimola a trovare soluzioni interessanti.

Quanto si fa sentire, nel suo stile, l’influsso del linguaggio architettonico proprio di Miami?

Sicuramente il mio linguaggio si è formato anche attraverso la comprensione dello stile Miami e delle sue basi storiche. La Louver House, ad esempio, è un edificio residenziale a South Beach, il cuore pulsante dell’Art Déco a Miami. Qui abbiamo provato a declinare alcuni elementi del passato secondo una scala più ampia, rispettando anche l’idea del “Belvedere bungalow”, un edificio storico del 1920. Dettagli del vernacolo locale, come l’enfasi dell’orizzontalità e le cosiddette “finestre con le sopracciglia” – così Miami Art Déco – sono stati fusi in un linguaggo attuale ed espressi con l’enfasi sugli angoli dell’edificio tramite lunghe fioriere o con pensiline orizzontali sui balconi.

Visitando il suo studio si capisce quanto i materiali siano importanti per lei, un po’ la sua firma. Qui c’è un’intera materioteca con campioni di tessuti, pietre e metalli…

L’esempio forse più evidente è la lobby di Glass, una torre condominio a South Beach. Qui abbiamo lavorato parecchio sulla scelta dei materiali per evocare l’immaginario dell’incontro tra il mare e la costa. Abbiamo usato la Coquina, una pietra locale sedimentaria che contiene frammenti di conchiglie e coralli, e la Blue Macauba, una pietra che contiene quarzite e regala varie sfumature di blu. Intensificando o rarefacendo la presenza di uno o dell’altro materiale abbiamo creato l’idea delle onde sulle spiaggia. I materiali rivestono lo stesso ruolo semantico nel negozio di Achemist Jewelry. Qui abbiamo creato un contrappunto tra diversi spessori e finiture di granito, da più levigato a più grezzo man mano si procede verso l’interno del negozio. La suggestione che volevamo condividere e suscitare era quella di un’esplorazione nel mondo delle pietre preziose e di poter compiere, attraverso esse, un viaggio nelle viscere della terra.