Protagonisti
Patricia Urquiola

Architetto e designer, spagnola e italiana, un doppio ruolo che Patricia Urquiola si diverte a interpretare con passione. Continuando a sperimentare senza tener conto dei limiti, se non per superarli

Bassorilievi, decori sedimentati, giochi di incastri, miscele materiche. Tutto, nei progetti ceramici e nei parquet di Patricia Urquiola, sembra essere orientato alla tattilità, alla sorpresa visiva. Ma quando si crede di aver compreso la sua cifra stilistica, ecco che il confine fra decoro e prodotto si fa più incerto, impalpabile, provvisorio. Forse perché l’essenza del progetto è il continuo confronto fra le parti coinvolte, fra la creatività del singolo e la serialità di un impianto industriale, fra il divertimento del designer e lo stupore della ricerca. Giochiamo, allora, in queste pagine con l’ambivalenza e con il suo doppio ruolo. Nell’arredobagno, Patricia Urquiola ha collaborato con Agape, Laufen, Budri. Nel settore delle superfici con Mutina, Salvatori e Listone Giordano

Fra Italia e Spagna. Quanto conta il genius loci per te?  

Trasferirmi a Milano è stata una scelta dettata dalla volontà di uscire da una zona di comfort, rappresentata da Madrid e dalla Spagna. Sono arrivata a Milano a 22 anni per terminare i miei studi di architettura al Politecnico. Lì ho conosciuto e mi sono innamorata del design, grazie anche a incontri formativi e fondamentali con maestri come Achille Castiglioni, Tomas Maldonado, Vico Magistretti e con una donna imprenditrice coraggiosa come Maddalena De Padova. Restare a Milano ha significato continuare a vivere in una città che amo perché è il luogo del fare senza parlare troppo. Vivo a Milano da più di trent’anni anni ora ed è a tutti gli effetti casa mia. Oggi sento di potermi definire “cento per cento” spagnola e “cento per cento” milanese.

Designer e architetto. L’ambivalenza di un ruolo nella tua specificità 

Sono un architetto e un designer. Quando frequentavo il Politecnico di Milano, architettura e design erano due discipline diverse. Grazie ai miei maestri ho capito l’importanza del design così come quella dell’architettura e infatti la mia tesi saltava da uno all’altro. Per me progettare è progettare. Lavorare su scale diverse mi aiuta a immaginare un oggetto all’interno di uno spazio e, quando creo, cerco il senso di quel luogo specifico e ogni volta è diverso. Nello studio risolviamo costantemente le necessità architettoniche con idee del design. L’importante è che il progetto porti alla risoluzione di un problema oppure che ci sia qualcosa di interessante nel brief. Le aziende del design con cui lavoro ci chiedono costantemente di creare per loro delle architetture, installazioni, stand e showroom. La prototipazione nel design mi dà grandi soddisfazioni e credo che sia l’agilità della scala piccola tutto sommato quella che preferisco.

Fra idea e progetto. Che tipo di percorso intraprendi?

Mi spingono la curiosità, il piacere di osservare gli altri, il continuare a farmi delle domande e cercare di trovare delle risposte. È un processo che faccio naturalmente, senza sforzi. La difficoltà arriva quando bisogna trasformare un’idea in realtà, ma allo stesso tempo è un processo che mi dà gioia, che affronto con passione e che mi diverte molto. Ed è una sfida continua. Credo che il design e l’architettura subiranno dei mutamenti non immaginabili nei prossimi dieci anni. La sostenibilità, l’upcycling, le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale, la robotica, la progettazione di nuovi comportamenti, inventare una nuova artigianalità, un nuovo modello di condivisione, sono tutte sfide fantastiche. Purtroppo il tempo per studiare e fare ricerca so già che non mi basterà e non ne avrò quanto ne vorrei, allora dovrò fare delle scelte.

Seriale e creatività. Un ossimoro?

Non direi ossimoro, la creatività è la base di tutto. Il progetto di design non è arte. Il disegno industriale nasce proprio per essere seriale e questo non prescinde dalla creatività.

Colore e superfice. Chi immagini prima? E perché?

Il colore e la materia sono due elementi che si uniscono e mi interessano proprio nel loro incontro. È il rapporto della materia con la luce a determinare la magia del colore perché al buio, in fondo, tutti i colori diventano simili. Il colore molte volte scappa, altre volte mette in discussione e aggredisce la forma. In ogni caso, è importante per me studiare il modo in cui la luce interagisce con l’architettura, con lo spazio e con gli oggetti. Ma è straordinario constatare come una nuance possa notevolmente trasformare uno stesso oggetto. Per quanto riguarda il lavoro di ricerca, penso che sia interessante capire quanto la cromia potrà influenzare positivamente l’uso di materiali upcycling per dare nuova vita agli scarti e arrivare a riutilizzare l’inutilizzabile. Dobbiamo rifondare la nostra idea di bellezza ed esaltare anche i difetti dei materiali riciclati, la loro unicità.

Ambiente bagno oggi e domani. Cosa è cambiato e cosa cambierà?

Oggi l’ambiente bagno ha funzioni sempre diverse: ad esempio la doccia non è più solo un luogo di pulizia, ma anche di benessere, si usa la cromoterapia alle pareti, si scelgono diverse modalità di getti d’acqua, rilassanti, energizzanti. Il bagno è un luogo privato, intimo, la ricerca del benessere è fondamentale ed è ormai diventata implicita nella sua funzione. Lo spazio da dedicare a se stessi diventa sempre più ampio e la scelta di ogni elemento contribuisce a enfatizzare il concetto dello stare bene. Credo ancora che il discorso sui consumi e la sostenibilità coinvolgerà sempre più anche questo ambiente, così come anche ci sarà un’attenzione sempre più profonda verso il concetto di igiene.

Materia e immateriale. Fra la matita e lo stampo

Fare design in Italia vuol dire lavorare a quattro mani con imprenditori, manager, tecnici, collaboratori, operai, e scoprire che nessuno di loro ti dirà mai che un progetto non si può fare. Se cerchi di realizzare qualcosa che non è mai stato fatto e che sembra impossibile tutti faranno del loro meglio per riuscire a raggiungere il risultato. E troveranno una soluzione, ci riusciranno, si divertiranno e ne saranno orgogliosi. Fare design significa per me vivere il lavoro come una passione, quasi una relazione d’amore. Una relazione che si vede anche nelle piccole cose e che inevitabilmente ti porta a creare con queste persone delle belle amicizie e dei rapporti di preziosa stima.