Fondato da Peter Joehnk e Corinna Kretschmar-Joehnk, JOI Design è uno studio tra i più rinomati in Europa nel settore dell’ospitalità. Tra i loro clienti brand come Hilton, JW Marriott, Hyatt, Ritz-Carlton e Sheraton, per i quali progettano hotel unici e distintivi, in grado di imprimersi nella memoria
Una delle parole chiave che guidano l’attività di JOI Design, studio tedesco tra i più rinomati in Europa nel settore dell’ospitalità, è “ricordi”. Per il fondatore Peter Joehnk e la socia Corinna Kretschmar-Joehnk, che dai loro uffici ad Amburgo progettano – non solo, ma in primis – hotel per brand come Hilton, JW Marriott, Hyatt, Ritz-Carlton e Sheraton, è fondamentale che un albergo vanti tratti distintivi in grado di imprimersi nella memoria. Magari anche adatti per un selfie da condividere sui social, ma in sostanza così riconoscibili da lasciare il segno.

“Ci consideriamo degli ‘interior marketing ambassadors’, per ogni progetto troviamo un tema specifico, in linea con la filosofia e il target del cliente, oltre che con la location”, spiegano i due, marito e moglie, oltre che founder e soci di JOI Design. “Da lì sviluppiamo una storia che sarà percepibile in tutti gli ambienti. Il che non significa che questi saranno uguali l’uno all’altro, ma che quel tema e quella storia andranno a integrarsi in ogni area dell’hotel in modo diverso”.

Quali altri concetti vi guidano in questo approccio?
Il concetto di cultura, perché tutti i nostri progetti portano con sé lo spirito dell’Europa ed esprimono la cultura del luogo che li ospita, del proprietario o del brand. E ancora, autenticità, sostenibilità, innovazione, perché è fondamentale sfruttare le nuove tecnologie, pur facendo in modo che non siano visibili a un primo sguardo. E alla base di tutto, il desiderio di creare interni rilevanti che resistano alla prova del tempo.

In fatto di sostenibilità, la pandemia ci ha insegnato che non esistono alternative.
Vero, ha accelerato un trend pre-esistente, quello del ritorno alla natura e quindi sì, della sostenibilità, del verde, del biologico ed ecologico. La crisi sanitaria ci ha messi di fronte al fatto che come umanità non possiamo agire contro la natura e questo nel design si sta traducendo nell’uso crescente di materiali naturali quali legno, pietra e cotone, e di superfici più tattili, capaci di connetterci idealmente con la natura stessa. Come JOI Design ci interessa che tutto ciò si unisca al riciclo di elementi cui viene attribuita una funzione diversa da quella originaria.
Per esempio?
Siamo fieri dello chandelier realizzato per il Reichshof-Curio by Hilton con vecchi anelli da lampadario che abbiamo scovato nella cantina dell’edificio e che, con l’aiuto del nostro lighting designer, il professor Felsch, sono stati riciclati e trasformati in elementi di un nuovo oggetto di design. Ma potremmo citare anche i tappeti e tessuti ricavati da reti da pesca recuperate e le lampade fabbricate con bicchieri di plastica riciclata.

Nel presentare i vostri progetti parlate spesso di identità e coerenza: come lavorate su queste qualità?
Per spiegarlo racconteremo due nostri progetti ad Amburgo, dove viviamo. Il primo è un albergo economico di nuova costruzione, il Moxy by Marriott situato vicino al porto, dove le grafiche verniciate sul pavimento e le opere d’arte alle pareti offrono un tour guidato nei luoghi più interessanti della città. E dove, per richiamare il porto, le navi da trasporto e i magazzini sull’acqua di Amburgo (la Speicherstadt, nda), da un lato abbiamo messo a punto un design industriale ricorrendo a container marittimi, dall’altro abbiamo agganciato al soffitto, a mo’ di rivestimento, dei tappeti persiani come quelli – circa l’80% del totale in Europa – stoccati proprio ad Amburgo.
Il secondo progetto?
Il Frasers Suites, hotel di lusso all’interno di un edificio storico tutelato, costruito attorno al 1917 e in cui il pesante stile Impero tedesco si unisce a sofisticati dettagli Art Déco, che con i loro toni dorati e motivi distintivi ci sono stati d’ispirazione, aiutandoci a delineare il tema giusto per quel tipo di struttura. Tema che torna nelle camere in forma attenuata, combinato con lo stile residenziale dell’epoca di costruzione dell’edificio.

La palette di colori che selezionate di volta in volta da cosa dipende?
Dal concept di fondo del progetto, dallo storytelling che lo nutre. Per intenderci, al Fraser Suites il tema Art Déco ci ha portati a incorporare il nero e l’oro, mentre al Moxy il tema del porto industriale si è tradotto nella presenza di toni di grigio cemento e ruggine. Allo stesso modo, se a ispirarti è Micky Mouse, i colori saranno rosso, blu, bianco e nero. Dopodiché la tavolozza si espande man mano che si aggiungono dettagli come le cuciture colorate di un cuscino. E va a intrecciarsi conColors la luce, che, proprio come colore e forma, è uno degli elementi utili per plasmare l’identità di un luogo.
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E quanto alla luce, cosa vi preme maggiormente?
Trovare il giusto equilibrio tra la luminosità complessiva e quella dei vari ambienti: gli spazi più frequentati hanno bisogno di più luce e quest’ultima può anche essere fredda. Gli angoli più intimi richiedono meno intensità e toni più caldi, che creino atmosfera.

JOI Design progetta anche uffici: in questo ambito la pandemia come ha influito?
Attualmente stiamo completando gli uffici della nuova sede europea di 55 mila metri quadrati di Olympus, sempre ad Amburgo. Abbiamo vinto un concorso grazie al nostro background nel design alberghiero e al fatto che gli uffici si stanno già da tempo allontanando dallo stile funzionale fatto di superfici nere, bianche e grigie, per trasformarsi in ‘parchi giochi’ confortevoli e colorati, con aree comuni per pause caffè e incontri informali e altri ambienti per le riunioni formali. Diciamo che il trend dello smart working diffusosi con la pandemia ha liberato spazio per ulteriori zone ricreative e destinate agli scambi interpersonali.
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La vostra filosofia di designer si riflette anche nella sede del vostro studio, che colpisce per l’eleganza e la cura con cui fonde vecchio e nuovo; il paesaggio ritratto sulle pareti del salone non è che una delle chicche. L’avete progettata voi, giusto?
Sì, siamo in una villa d’inizio 900, costruita da un ricco proprietario di un cantiere navale, Blohm und Voss. Era una residenza privata, prima di diventare un istituto per bambini autistici. Quando l’abbiamo presa in affitto il dipinto murale già c’era. La ristrutturazione, a nostre spese, è stata massiccia; tra le altre cose abbiamo dovuto installare tutti i nuovi cavi elettrici per ottenere un ufficio moderno, poi arredato con mobili disegnati da noi e oggetti di amici designer. Non bastasse, abbiamo demolito almeno sette piccole stanze in modo da poter combinare gli ambienti e dare vita a uno spazio più idoneo al dialogo tra progettisti. Un ultimo intervento si è reso necessario nel 2020 con il Covid: si tratta di una sala video con divano, poltrone, bar, scrivania e grande schermo con webcam annessa.
